“Esther veniva ogni giorno da Castelvotturo perché era
costretta a farlo, certo non era una sua scelta, e guai a dire che Esther
facesse il mestiere più antico del mondo, perché riteniamo che vendere il
proprio corpo non sia assolutamente un mestiere e che nessuna donna decida
di fare questo per mestiere, ma che sia una costrizione, sinonimo di
schiavitù anche in un paese democratico, in uno stato di diritto come il
nostro”.
Michele Martino, responsabile del coordinamento provinciale di
Libera Benevento ricorda così Esther Johnson, la giovane donna nigeriana che
nove anni fa fu assassinata a Benevento.
L'associazione ha promosso un pomeriggio all’insegna della memoria,
occasione di riflessione e denuncia.
“La storia di Esther – chiarisce ancora Martino - entra appieno in quella anche che è la campagna nazionale di Libera “fame di verità e giustizia”. Punto fondamentale di questa campagna è proprio la ricerca della verità che manca per circa l'80% delle storie di vittime del nostro paese. Noi ci auguriamo che la storia di Esther sia un fascicolo sempre aperto sulle scrivanie della Procura ma occorre anche che tutta la società civile continui a tenere accesi i riflettori sulla storia di Esther perché non possiamo assolutamente consentire che un delitto nella nostra città vada nell'oblio e nel dimenticatoio delle coscienze”.
Martino ribadisce l'importanza di utilizzare una narrazione puntuale “Nove anni fa vennero messi in risalto una serie di particolari ma poco si disse sul problema della schiavitù della tratta della strada, su donne emigranti che sono costrette a vendere il proprio corpo e non dimentichiamoci che dietro al problema della prostituzione c'è sempre la criminalità organizzata che gestisce tutto. La storia di Esther ci deve servire per chiederci come oggi la schiavitù della prostituzione si muove nel nostro territorio, come avviene, dove avviene, con quali complicità”.
E dunque una marcia silenziosa si è mossa dal piazzale antistante la stazione di Benevento per raggiungere insieme il luogo del ritrovamento. Oltre alle riflessioni di tutte le realtà capofila, da sottolineare anche la creazione di un ponte simbolico tra Benevento e Castel Volturno, (da cui Esther partiva ogni mattina) collegandosi con il Centro Fernandes, centro di accoglienza e punto di riferimento per la comunità africana di Castel Volturno.