DA AVVENIRE DEL 05-11-2009

Ddl sulla cittadinanza veloce il Pdl richiama all’ordine Fini
Voto agli immigrati, i capigruppo ribadiscono il «no»


DA R OMA L UCA L IVERANI
S ulla cittadinanza agli immigrati ora il Pdl dice la sua. Richiamando all’ordine i finiani dopo le loro fughe in avanti, ve¬di la proposta di legge bipartisan Sarubbi (Pd)-Granata (Pdl). Proprio mentre il presi¬dente della Camera Fini ribadisce le sue a¬perture, anche sul voto, il centrodestra frena. I capigruppo Cicchitto e Gasparri parlano di criteri qualitativi e di “cittadinanza a punti”, ribadendo con nettezza il no al voto. «Nessun consenso per la cittadinanza facile», precisa Gasparri. Puntualizzando che sulla cittadi¬nanza le modifiche del Pdl saranno «solo in maniera restrittiva». La Lega comunque ri¬pete: meglio nessuna modifica alla legge.
Il documento sponsorizzato dal Pdl si intito¬la “Identità nazionale, libertà e responsabi¬lità” ed è farina della fondazione Magna Car¬ta. A presentarlo sono i capigruppo del Senato Maurizio Gasparri e della Camera Fabrizio Cicchitto, assieme al vicecapogruppo di pa¬lazzo Madama, Gaetano Quagliariello. Con¬tenuti che potrebbero tradursi, spiega Qua¬gliariello, «in emendamenti alla legge in di-scussione ». Il testo, dice Cicchitto, «verrà pre¬sentato ai vertici del partito per aprire un con¬fronto nella maggioranza». Ma sulla cittadi¬nanza, precisa, «non c’è libertà di coscienza perché è indispensabile dimostrare la soli¬dità della maggioranza». Una puntualizza¬zione che suona come un richiamo ai parla¬mentari del Pdl che sull’immigrazione sono più vicini a Fini.
Più paletti che aperture, nella bozza del Pdl. Il diritto di cittadinanza «non può essere im¬maginato come strumento per favorire l’in¬tegrazione ». Niente riduzione del periodo di permanenza regolare in Italia: «Dieci anni è un tempo più che valido e necessario per l’in¬tegrazione », assicura Gasparri, e «semmai si deve avere maggiore cautela», basandosi su «criteri qualitativi».
Quali? Buona conoscenza della nostra lingua e delle nozioni fondamentali di storia e diritto, stabilità della condizione sociale, cioè lavo¬ro regolare, reddito dichiarato, residenza sta¬bile. Altri elementi possono essere il titolo di studio, la natura del lavoro, il Paese di prove¬nienza. Insomma, una sorta di “cittadinanza a punti” che, pur non convenendo sulla ne- cessità di diminuire il tempo a 5 anni come propone il ddl Granata-Sarubbi, possa pre¬vedere deroghe in determinate condizioni al limite attuale dei 10 anni. Chiusura totale in¬vece sul voto agli immigrati: per Quagliariel¬lo è un tema «di carattere costituzionale», Ga¬sparri ricorda che «il centrodestra si oppose ad una proposta simile al tempo della legge Turco-Napolitano».
Per la Lega parla il capogruppo alla Camera Roberto Cota. «Non c’è nessuna necessità di modificare la legge per dare la cittadinanza facile. Se qualche norma va introdotta, è si¬curamente in senso restrittivo».
Tutt’altra musica nelle parole dell’ex leader di An. Gianfranco Fini ritorna sul tema nel suo libro-lettera alla generazione del 1989, “Il futuro della libertà”. «Saremo tanto più na¬le zione – dice il presidente della Camera – quanto più riusciremo a integrare le comu¬nità di immigrati legali nel nostro tessuto cul¬turale e civile». Dunque, «una vera integra¬zione – è la tesi di Fini – può essere favorita da una nuova legge sulla cittadinanza, desti¬nata ovviamente agli immigrati realmente coinvolti nella vita della nostra società. Pen¬so in particolare» agli «868mila minori stra¬nieri », ci cui «ben 520mila sono nati in Italia». Anche il voto alle amministrative, dice «po¬trebbe promuovere l’integrazione, ma solo nella prospettiva della nuova cittadinanza e se è chiaro il principio che ai diritti corri¬spondono i doveri». Perché «un fallimento non ce lo possiamo permettere, con buona pace degli xenofobi nostrani». Il dibattito nel Pdl è aperto.