I Santi Stefano ed Agata

 

di don Franco Ruotolo
“Certi personaggi trovarono la via verso Cristo, nonostante tutte le differenze, che tipo di uomini erano costoro? Forse appartenevano agli antichi astronomi nell’antica Babilonia, ma solo pochi si sono incamminati e hanno seguito la stella quale stella della promessa, quale indicatore della strada verso il Re e Salvatore. (Come allora i Magi) Dio può guidare gli altri verso Dio … li guida sulla strada della vita. Dio attende noi ed è in ricerca di noi … lasciatevi colpire dall’inquietudine di Dio, affinché il desiderio di Dio verso l’uomo possa essere soddisfatto”
I magi d’Oriente, così come generalmente i Santi, sono diventati a poco a poco loro stessi costellazioni di Dio, che ci indicano la strada. Nelle litanie del Santi invochiamo tutte queste stelle di Dio, affinché brillino sempre di nuovo per noi e indichino la strada alla vera luce che è Cristo, il Vivente, Colui che è stato e sarà la gloria della schiera dei Santi e dei Martiri.
Papa Benedetto XVI, nella solennità dell’Epifania dell’anno nuovo appena iniziato, ha voluto indicare la via maestra che deve stimolare l’uomo alla ricomposizione frantumata della spiritualità, del grande valore della cura dell’anima, dell’essenzialità a introdurre Dio nella quotidiana esperienza della vita personale e collettiva.
La Chiesa del III millennio si orienta sull’intero pianeta ad essere impegnata nella Missionarietà e alla risonanza di tutti i rischi che ne derivano, a causa del tappeto di relativismo dove sono distese migliaia di persone senza attitudini orientative verso Dio ch’è Carne visibile e salvifica.
E’ la custodia fondamentale della Chiesa bimillenaria che geme e soffre, ma intona il canto melodioso della sua perenne azione sul mondo: liturgia, preghiera e testimonianza.
Stefano ed Agata risplendono nella Chiesa nascente come due stelle illuminate ed illuminanti.
Nel Diario della Chiesa nascente “ Atti degli Apostoli”, scritto dal medico ed evangelista Luca, l’epilogo glorioso di quest’uomo del servizio diaconale, Stefano prima di esalare lo spirito, dopo aver parlato ampiamente, dinanzi al Tempio, del Risorto, punta l’indice verso l’Alto e proclama di vedere il Cielo aperto e la Gloria di Dio scendere su di lui, primo ucciso della serie dei Martiri.
Non distante di anni, da questo primo Martirio, la terra si arrossa del sangue di una corona infinita di uomini e donne che non hanno avuto paura di lasciare la vita umana in mano agli aguzzini per non perdere l’altra: la vita Eterna.
Nell’antica terra trinaria, alle pendici della montagna di fuoco, Agata, che vuol significare buona, preziosa come pietra ornamentale, sotto il pro-console siciliano Quinziano, si adorna del martirio prolungato sotto diverse forme: la danza sui carboni ardenti, l’estirpazione dei capezzoli, lo stillicidio.
Gli Atti del Martirio evidenziano il calore ardente di questa giovane catanese, appassionata al cuore trafitto di Gesù crocifisso. E muore cantando e lodando Dio che accetta la duplice donazione della verginità e del sangue.
Nella Capua evangelizzata da Pietro apostolo e da Prisco, primo vescovo, Gesù Cristo si propone sul territorio della paganeggiante romanicità imperiale con la solidità del martirio.
Publio Lentulo, cronista dell’Impero, da filosofia avversa e turpissima, scrive: “ … più ne ammazziamo più si allargano a macchia d’olio, infatuati da quello che fu crocifisso e chiamano loro Re e Signore”.
San Paolino Vescovo, scrive a San Cipriano di Cartagine una lettera di presentazione per quanto avviene in Capua, stracolma di monumenti solenni ed avvincenti, accanto all’Anfiteatro dei Gladiatori ed insieme arena per il pasto alle belve affamate di carne umana: “CAPUA FECUNDA PARENS SANCTORUM”. Capua feconda genitrice di Martiri.
Il culto di Stefano nella Capua romana certamente è collegato al passaggio del corpo che fu traslato da Gerusalemme a Roma, ove riposa accanto a Lorenzo Diacono della Spagna catalana, stella di quella terra evangelizzata da san Giacomo, figlio di Zebedeo e Maria Salomè. Una pia leggenda racconta che intorno all’inizio del V secolo, e propriamente la prima domenica di maggio, le donzelle attesero e scortarono il carro trasportante Santo Stefano con corone di rose rosse al collo fino al Volturno. Intanto non può risalire più tardiva la parte di reliquia del braccio di Stefano lasciata alla Chiesa capuana per ricordare lo storico passaggio: infatti è deducibile l’antichità del fatto dal documento visivo del braccio argenteo del sec. VIII che, al dito affusolato gira un cartiglio di argento dorato ed una elegante formazione a caratteri medievali con la frase incisa: Ecce, video coelos apertos = Ecco, vedo, il cielo aperto … e, continuando, con l’antifona di comunione della messa del 26 dicembre: “ … et Jesum stantem a dextris virtutis Dei: Domine Jesu, accipe spiritum meum et ne statuas illis hoc peccatum quia nesciunt quid faciunt” = … e Gesù seduto alla destra del Padre: Signore Gesù accogli l’anima mia e non imputar loro questa colpa perché essi ignorano ciò che stanno facendo” (Atti, 6-7).
Per Agata, la preghiera liturgica della Chiesa, al 5 febbraio, festa della Martire e la lirica antica dei componimenti della messa e dell’Ufficiatura meravigliosamente la onorano: “ Godiamo tutti nel Signore, celebrando questo giorno festoso in onore di Agata martire: nella sua passione hanno esultato gli Angeli al cospetto del Figlio di Dio. Dal nostro cuore escano parole di gloria alla Divina Maestà” (Liber usualis; Festa februarii, 5; ad Missam, antiphona (1ª) introitus; pagg. 1368-1373; Desclée et Soch, Tomaci, 1960.
La Chiesa Capuana è compiacente al doveroso onore che la città di Capua, clero e popolo, tributano quest’anno 2012 ai santi Stefano ed Agata che fin dall’epoca di san Germano Vescovo furono eletti Patroni della Basilica eretta in loro onore nel V secolo nelle adiacenze dell’Anfiteatro, dove l’area è stata utilizzata, da Padre Giammaria Palumbo, nel 1908, per accogliere l’antico affresco della Virgo lactans nella nuova Chiesa consacrata nel 1910 dal cardinale Alfonso Capecelatro.
L’Arcivescovo Mons. Bruno Schettino e tutto il Clero di questa Arcidiocesi apostolica mirano il traguardo molto più importante, necessario al presente storico della nostra penisola che ha bisogno di introdursi nella centralità della Fede cristiana: L’Eucarestia di colui è presentato, offerto e ricevuto, culmine e fonte di ogni movimento della Chiesa sua diletta Sposa.
Il bisogno incessante della nostra Capua dovrà escludere nostalgie del passato perché urge camminare nella novità di vita, nella tutela della tradizione umana e spirituale dei nostri Padri, nel ricordo affettuoso e riconoscente di coloro che hanno edificato questa nobile Regina nell’ansa del Volturno dopo la distruzione saracena dell’840 della città romana. Capua, longobarda e cristiana.
“Vino nuovo, in otri nuovi!” La Parola di Gesù è per noi.
In questa domenica del Tempo Ordinario, nella quale la Città celebra Agata, rivolge al Cielo la preghiera perché le moderne povertà si tramutino in ricchezza armoniosa composte dall’Amore vero che ha fatto la lievitatura per aumentare bene, fratellanza e pace.
La processione con le statue argentee dei Patroni e Compatroni si effettuava ogni 25 aprile dalla Cattedrale alla parrocchia di S. Marcello Maggiore o nell’altra di S. Michele a Coorte.
Il Capitolo Metropolitano, i Seminaristi, cantando le litanie dei santi invocavano per tutto il popolo il buon raccolto dei contadini: le ROGAZIONI (Cfr Norme ordinarie anno liturgico; n° 45 Messale Romano, CEI, Roma, 1973 p. XLVI) terminavano in Cattedrale con l’oremus finale cantato dal Decano.
L’ultima volta le statue sfilarono nel 1941:
San Prisco protovescovo di Capua (distrutta nel 1943)
San Sebastiano martire
Santo Stefano, diacono e martire
Sant’Agata, vergine e martire
Sant’Irene, vergine e martire
San Gaetano, fondatore dei Chierici Regolari
Sant’Andrea Avellino, Chierico Regolare
Maria SS. Addolorata,
L’ultima processione, senza le statue, delle Rogazioni, si è fatta nel 1967.
Una processione, con alcune statue di argento e di Reliquiari, fu voluta da S. Ecc. Mons. Tommaso Leonetti, arcivescovo metropolita, il 1° novembre del 1966, in occasione del millenario della Sede episcopale elevata a Dignità Metropolitana, con 26 Diocesi suffraganee, conferita da papa Giovanni XIII nel 966 d.C. – In quella occasione il Pontificale fu presieduto dal cardinale Cicognani, delegato pontificio di papa Paolo VI e parteciparono tutti i Vescovi della Campania e gli Abati di Montecassino, Montevergine, Cava dei Tirreni, Casamari.

sac. Franco Ruotolo, parroco