Solidarietà e integrazione, nessuno può tirarsi indietro
Il presidente di Caritas Italiana Merisi chiama in causa l’Europa

l’Europa «Fenomeno da affrontare in maniera condivisa e cooperativa»
Dopo la tragedia dei 73 migranti eritrei ed etiopi annegati nel Canale di Sicilia, si riaccende il dibattito sulla necessità di una politica europea condivisa per governare il complesso fenomeno dell’immigrazione. Una politica capace di superare i particolarismi nazionali che, invece, hanno ancora il sopravvento.

A ffrontare in maniera condivisa il fenomeno dell’immigrazione, per poterlo governare secondo i prin­cipi di solidarietà e di collaborazione tra i Paesi. Questo l’auspicio del vescovo di Lo­di e presidente di Caritas Italiana, Giu­seppe Merisi, di fronte alla nuova ondata di sbarchi di migranti sulle coste italiane, che, oltre al nostro governo, interpella di­rettamente anche le istituzioni dell’Unio­ne Europea. Due i principi cardine messi a fuoco da Merisi, le « attenzioni priorita­rie » che dovranno caratterizzare ogni po­litica in questo campo: il rispetto dei di­ritti umani « sempre e comunque » , oltre a decise azioni nei confronti dei Paesi di o­rigine degli immigrati « per affrontare il problema alle radici » .
I fatti drammatici di questi giorni ripor­tano d’attualità il ruolo della comunità internazionale e, in particolare dell’U­nione Europea. Che atteggiamento do­vrebbe avere per governare un fenomeno tanto complesso?
Conosciamo tutti le difficoltà dell’Unione Europea nell’affrontare in maniera condi­visa il vasto tema dell’immigrazione, in quanto materia ancora fortemen­te caratterizzata da un approccio nazionale. Di fronte all’emer­genza le difficoltà crescono ancor di più, sia per le dif­ferenti tipologie dei Paesi da cui provengono gli immigrati, sia per l’esigenza di met­tere in rapporto corretto le legislazioni na­zionali con quella comunitaria, peraltro in gran parte ancora da costruire. I temi in discussione riguardano, per ciò che con­cerne l’immigrazione da Sud, il monito­raggio, con i cosiddetti “respingimenti”, sia l’identificazione e il rapporto con il di­ritto d’asilo, sia la permanenza e la presa in carico delle presenze in rapporto con le disposizioni di ciascun Paese.
Con quali strumenti si possono affronta­re tutte queste difficoltà?
Noi auspichiamo che questi problemi ven­gano affrontati e risolti con spirito di so­lidarietà e di collaborazione fra i diversi Paesi, con due attenzioni prioritarie: il ri­spetto dei diritti umani fondamentali, sempre e comunque, facendo chiarezza sulle responsabilità della tragedia dei gior­ni scorsi ( i 73 migranti eritrei ed etiopi an­negati nel Canale di Sicilia mentre cerca­vano di raggiungere l’Italia ndr.); l’impe­gno ad agire sul Paese di origine per af­frontare, se non immediatamente per ri­solvere, il problema alle radici. Su questo secondo aspetto non dimenticando l’in­dicazione dell’Onu per la lotta alla povertà, con il contributo generoso di tutti i Paesi sviluppati.
A questo riguardo, la cooperazione inter­nazionale come potrebbe intervenire per prevenire il dramma dei viaggi della spe­ranza?
Come dicevamo, si tratta di affrontare in­sieme, in particolare a livello di Unione Europea, problemi che chiedono la colla­borazione di tutti con l’attenzione dovu- ta ai rifugiati e ai richiedenti asilo. Tenen­do sempre presente che nel breve perio­do questi drammi sono destinati a ripe­tersi, la cooperazione internazionale non deve limitarsi ad azioni disarticolate o di puro valore testimoniale, ma può risulta­re uno strumento efficace anche a livello preventivo, purché si inserisca dentro u­na chiara strategia dell’Unione in parti­colare nei confronti del continente afri­cano.
In concreto, come si dovrebbero aiutare queste popolazioni?
Quando si parla di solidarietà e di sussi­diarietà, ascoltando la lezione del Papa an­che nell’ultima enciclica, occorre poi trar­ne conseguenze impegnative con la par­tecipazione di tutti. Per l’area mediterra­nea l’Unione Europea ha iniziato qualche nuova riflessione che speriamo possa con­sentire qualche più spedita decisione nella logica dei principi del Trattato di Lisbona.
La Caritas come sta in­tervenendo? Che tipo di strutture ha attiva­to?
Come si sa il compito della Caritas è di ri­chiamo e di testimo­nianza dei principi del Vangelo che parlano di amore, di accoglienza e di solidarietà per la promozione del Bene comune. Il rapporto corretto fra acco­glienza e legalità e il rispetto dei diritti fon­damentali, nella responsabilità delle isti­tuzioni pubbliche, non è sempre facile da determinare. Sarà meno difficile se anche per l’opera della Chiesa e della Caritas, le comunità saranno aiutate a sentire la re­sponsabilità della solidarietà e dell’inte­grazione. Sul piano operativo Chiesa e Ca­ritas sono sempre a disposizione per ogni collaborazione possibile, a partire da que­sti principi, nella distinzione dei ruoli e delle responsabilità.
Quali sono gli attuali fronti di impegno di Caritas Italiana, sul versante dell’im­migrazione?
Accanto all’impegno di animazione e a quello culturale, è sotto gli occhi di tutti la diffusa opera di accoglienza, tutela dei di­ritti e di integrazione che le Caritas pre­senti sul nostro territorio nazionale ga­rantiscono da anni ai migranti, con parti­colare attenzione alle categorie più vul­nerabili, quali i richiedenti asilo, i rifugia­ti, le vittime della tratta.
Due le attenzioni prioritarie che ogni politica in questo campo dovrà tenere ben presenti: il rispetto dei diritti umani «sempre e comunque» e decise azioni verso i Paesi di origine dei migranti, per cercare di risolvere il problema alla radice