22-08-2009

LI RITROVEREMO A CASTEL VOLTURNO!?
Gli ultimi sopravvissuti nel mar mediterraneo hanno infranto la "pax" di Lampedusa


Scampati all’eccidio in mare (non si può parlare di "incidente") un manipolo di migranti sopravvissuti sono sbarcati di nuovo nella mitica Lampedusa, il “paradiso perduto” di tanti turisti del nulla. Gridando con enfasi che il Centro di accoglienza era vuoto ci avevano riempito la pancia con gli annunci di “liberazione” della perla del mediterraneo dagli straccioni. E subito le televisioni si erano affrettate a mostrare il volto turistico dell’isola finalmente ritrovato. In verità turisti e migranti non si sono mai incontrati su quella benché esigua lingua di terra circondata dal mare: gli uni intenti a godersi il sole e la spiaggia, gli altri costretti fra quattro mura,- vigilati giorno e notte da uomini in armi. A Lampedusa nessuno ha mai conosciuto il volto e la storia di Moses, Mohammed, Bangaly , Cassim. Questi poveracci non hanno mai potuto violare le belle spiagge dell’isola o sporcare con i loro luridi piedi i bar e le strade delle incantevoli località turistiche. Immediatamente deportati con aerei e bus sono stati trasferiti in altri Centri della Sicilia o della Calabria per essere poi definitivamente abbandonati al loro destino con un busta di stracci in mano ed un pezzo di carta intitolato: “richiesta di asilo”. Liberi ma poveri nessuno di essi ha mai pensato di tornare a Lampedusa per guastare le belle vacanze dei turisti, ma si sono diretti nell’unico posto dove quel pezzo di carta poteva significare qualcosa: Castel Volturno. Solo qui Moses, Ibrhaim, Bangaly , Cassim e tanti altri come loro hanno pensato che il lungo e tormentato peregrinare fosse finalmente finito. Si sono ritrovati tutti qui come i deportati di ritorno dai campi di concentramento. Si baciano, si salutano, si abbracciano come fratelli che hanno ritrovato la casa. A molti questo fatto non fa piacere, pensano che questa terra sia diventata una discarica umana condannata a degrado e anarchia. Anche noi pensiamo la stessa cosa ma non diamo la colpa a loro. Tutti faremmo la stessa cosa se ci trovassimo in quelle stesse condizioni. E’ qui che il solco tra quelli che si lamentano degli immigrati a Castel Volturno e quelli che li accolgono diventa incolmabile. Per gli uni il problema è di questi poveracci, per noi il problema è dello Stato che non può lascare a se stessi tanti uomini in fuga. Come l’acqua, per legge di natura, va sempre dove pende, così il povero, per legge degli uomini, va sempre dove trova altra povertà solidale. Non gli uomini vanno rimossi, ma la povertà. Gli uomini sono sempre ricchezza ed è molto fortunato quel popolo che ne accoglie tanti. Se imparassimo a distinguere gli uomini dalla loro povertà e intravedere la presenza di Dio anche dentro i panni logori o negli occhi della solitudine e della disperazione, non faremmo i tragici errori che si consumano nel mare di Lampedusa e sempre più spesso nelle nostre contrade. Perciò nella speranza e nell’attesa fiduciosa di riuscire un giorno a sconfiggere anche in queste nostre terre martoriate la povertà  e il degrado noi saremo sempre felici di accogliere gli uomini e le donne migranti.
Anche a questi ultimi sopravvissuti  diciamo con senso di colpa e gioiosa rassegnazione:"vi aspetteremo a braccia aperte".