CAPUA E LO SPIRITO DI ASSISI

 

Editoriale di Kairosnews del 9 ottobre 2011


Lo “Spirito di Assisi”, che Giovanni Paolo II aveva rilanciato con quella splendida e profetica iniziativa di convocare sulla tomba del Santo i rappresentanti di tutte le religioni, sembrava essere stato soppiantato dallo “spirito di guerra e di integralismo”. Lo stesso “carisma” del santo di Assisi sembrava essersi appannato a favore di un devozionismo miracolistico e disincarnato. Fortunatamente un nuovo vento di pace e di ecumenismo sta attraversando il mondo e la Chiesa. Ne è una prova la bella iniziativa del Cardinale Sepe di inserire nelle celebrazioni del Giubileo Diocesano di Napoli l’apertura di una porta (la Nolana) dedicata alla fiducia e all'accoglienza, per un rinnovamento nelle relazioni interpersonali, nei rapporti tra generazioni, tra le classi sociali, tra cittadini ed extracomunitari, in difesa di chiunque sia diverso per età, sesso, età, religione o cultura. Con lo stesso spirito, don Stefano Giaquinto, vice direttore Migrantes della nostra diocesi, ha organizzato un originale “pellegrinaggio degli indignados” coinvolgendo cittadini e immigrati in un simbolica “marcia su Pompei”. Unendo una popolazione così eterogenea don Stefano ha dichiarato: “poco importa, se si è musulmani o cattolici, c’è comunque bisogno di una Chiesa nuova, che non sia schiava dei poteri forti, ma serva degli ultimi.” Non ci poteva essere modo migliore per onorare le due festività contigue di san Francesco e della Beata Vergine del Rosario di Pompei. Un modo originale per rinsaldare la fede, combattere l’integralismo e rinverdire un’antica tradizione multiculturale e multireligiosa che ha sempre contraddistinto la nostra terra. San Bonaventura nella sua “Vita di San Francesco” racconta che nella città di Capua persino gli Ebrei invocavano l’intercessione del Santo di Assisi.
“Nella città di Capua, un bambino, giocando con molti altri presso la riva del fiume Volturno, cadde per sbadataggine nella corrente impetuosa, che lo inghiottì e lo seppellì sotto la sabbia.
Gli altri bambini che stavano giocando con lui vicino al fiume, si misero a gridare forte, facendo accorrere una gran folla. Tutta la popolazione si mise a invocare devotamente il beato Francesco, supplicando che, guardando alla fede dei suoi genitori a lui tanto devoti, si degnasse di strappare il figlio alla morte. Un nuotatore, che si trovava nei paraggi sentendo quelle grida, si avvicinò e si informò dell'accaduto. Dopo aver invocato l'aiuto del beato Francesco, riuscì a trovare il cadavere del bambino, immerso nel fango, come in un sepolcro. Lo disseppellì e lo portò a riva, costatando che, purtroppo, ormai era morto.
Ma la popolazione, tutto intorno, benché vedesse che il bambino era morto, gridava forte, continuando a piangere e a far lamento: «San Francesco, ridona il bambino a suo padre!».
E anche degli Ebrei, che erano accorsi, mossi da naturale pietà, dicevano: «San Francesco, san Francesco, ridona il bambino al padre suo!». Improvvisamente il bambino, fra la gioia e lo stupore universale, si levò in piedi sano e salvo e supplicò che lo conducessero alla chiesa di san Francesco, perché voleva ringraziarlo devotamente, ben sapendo che era stato lui, con la sua potenza, a risuscitarlo.”