Dal mattino del 28-04-2010

Lorenzo Calò. Una task force coordinata dal Viminale di cui fanno parte funzionari della prefettura, ispettori del ministero del Welfare e forze dell’ordine. Obiettivo: azioni di contrasto del lavoro nero e, soprattutto, interventi contro lo sfruttamento di manodopera clandestina. Perché il Casertano - in particolare l’area di Casal di Principe, Villa Literno, Castelvolturno, Grazzanise, Mondragone e Cancello Arnone - non può rischiare di diventare una nuova Rosarno. Del progetto si è parlato nel corso del supervertice interforze svoltosi lunedì a Caserta alla presenza del ministro dell’Interno Roberto Maroni e del ministro della Giustizia Angelino Alfano. Sono stati proprio i due rappresentanti del governo a sottolineare con il prefetto Ezio Monaco come, d’intesa con il ministero del Welfare (c’è già l’ok del ministro Maurizio Sacconi, ora si attende la definizione delle procedure tecniche perché il piano possa essere operativo) «si sta lavorando per intervenire nelle situazioni di illegalità e sfruttamento», tanto più che saranno proprio le norme di contrasto del lavoro nero a costituire parte essenziale del nuovo pacchetto antimafia allo studio del governo. Il piano prevede ispezioni nei cantieri (spesso abusivi) e nelle aziende del settore agricolo-conserviero e zootecnico. Del resto, è stato proprio un recente rapporto dell’Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni nell’ambito di un progetto finanziato dal ministero dell’Interno) a lanciare l’allarme: Rosarno è solo la punta dell’iceberg, lo sfruttamento lavorativo di manodopera immigrata riguarda indistintamente migranti in posizione regolare e irregolare ed è ampiamente diffuso anche in altre zone, come dimostra un rapporto sulle condizioni degli immigrati nell’area di Castelvolturno. Sfruttamento della manodopera, tratta e prostituzione, condizioni di vita insalubri e insicure, violenza fisica e psicologica, pochi controlli: a gestire questo mercato illegale del lavoro sono quasi sempre italiani. Nell’area di Castelvolturno - riferisce il rapporto - risiedono circa 8-9 mila stranieri, ma in tutto il Casertano si calcola che siano almeno 15 mila. Difficile stimare gli irregolari, ma anche chi ha un regolare permesso di soggiorno viene solitamente impiegato in maniera irregolare: probabilmente, secondo l’Oim, è una delle province con il maggior numero di lavoratori irregolari. Gli stranieri che lavorano irregolarmente soltanto a Castelvolturno, secondo il rapporto, possono essere suddivisi in 3 gruppi: i cittadini subsahariani, impiegati nel settore agricolo ed edilizio; i maghrebini e gli egiziani, che lavorano per lo più nella raccolta delle fragole; i cittadini indiani e pakistani, i più «invisibili» (restano isolati e non conoscono la lingua, dunque non possono chiedere aiuto o tutela), che vengono impiegati nelle aziende bufaline in virtù della particolare attenzione e dedizione che prestano, per motivi religiosi, alla cura del bestiame. Il salario varia dai 15 ai 35 euro a giornata (fino a 11 ore di lavoro), ma talvolta non vengono pagati e subiscono violenze se reclamano il dovuto. Nell’area di Castelvolturno e nelle zone limitrofe, poi, ci sono anche circa 500 donne nigeriane vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale, la maggior parte delle quali arrivata nel 2008 sbarcando a Lampedusa e deve pagare un debito che ammonta in genere a 40 mila euro. In alcuni casi, dopo aver ceduto a datori di lavoro italiani somme che variano dai 500 ai 4.500 euro per accedere al procedimento di regolarizzazione, i migranti sono stati abbandonati senza che nessuno presentasse alcuna domanda di emersione.