VEDI BROCHURE

 

ARCIDIOCESI DI CAPUA - CENTRO FERNANDES

COMUNICATO STAMPA

 

Martedi 6 luglio alle ore 18.30, presso il Centro di Accoglienza Fernandes di Castel Volturno si terrà la presentazione del libro di fotografie di Giovanni Izzo dal titolo:”Promised Land”. Il volume edito dalla casa editrice milanese Federico Motta Editore-Sole24Ore è stato sponsorizzato dalla Regione Campania in collaborazione con l’Arcidiocesi di Capua che è titolare della grande opera di accoglienza per gli immigrati di rilievo regionale, operante sul territorio da più di 15 anni. Nella stessa sala del Centro Fernandes l’autore allestirà anche una mostra che amplifica gli scatti contenuti nel libro e ne offre una diversa e ancora più coinvolgente lettura.

Introdurranno i lavori Antonio Casale, direttore del Centro Fernandes e Houngauou laurent, immigrato del Benin residente da oltre venti anni a Castel Volturno, di professione veterinario e collaboratore volontario del Centro.  I contenuti dell’opera saranno illustrati dall’autore e dall’ex assessore alle politiche sociali della Regione Campania, Alfonsina De Felice che durante il suo assessorato ha voluto e seguito la realizzazione del libro. Gli scatti di questo libro sono stati presentati in anteprima alla VII Conferenza Regionale dell’Immigrazione, lo scorso febbraio. In quegli scatti, Izzo ha dato rilevanza ai volti di Castel Volturno: nigeriani, ghanesi, burkinabé, volti troppo spesso oscurati dal linguaggio comune e presentati come clandestini, extracomunitari, immigrati. L’idea che sottende l’opera, infatti, è quella di presentare immagini semplici, immediate, attraverso le quali, in un solo istante, si intuiscono e si leggono intere storie, fatte di fatica, di disillusione, di dolore, ma anche sostenute dalla persistenza della speranza che muove tanti disperati a cercare nelle nostre terre la “Terra Promessa”. Senza le fotografie qui presentate, questi uomini e queste donne, quasi tutti molto giovani, in qualche modo “non esisterebbero”. Il libro di Izzo costringe a constatarne l’esistenza, a guardarli negli occhi, così come loro guardano negli occhi coloro che sfogliamo il libro, costringendoli a considerarli, finalmente, come “persone”. Concluderà i lavori Mons. Bruno Schettino Arcivescovo di Capua e presidente nazionale della Commissione Episcopale per le Migrazioni della CEI che ha fortemente voluto la realizzazione del libro per favorire l’accoglienza e l’integrazione degli africani sul Litorale domitio. Alla presentazione interverranno Paolo Romano, Pres. Cons. Regionale Campania, Antonio Scalzone, Sindaco di Castel Volturno, Ezio Monaco, Prefetto di Caserta, Domenico Zinzi, Pres. Provincia di Caserta, Guido Nicolò Longo, Questore di Caserta, Severino Nappi, Assessore al lavoro ed alla formazione professionale della Regione campania, Rosa Di Maio, Assessore alle politiche sociali e problematiche del Litorale Domitio della Provincia di Caserta, Enzo Ammaliato, giornalista del  Mattino di Caserta. Sarà presente la casa editrice nella persona di Stefano Baldassarri responsabile ai progetti speciali ed anche irappresentanti di associazioni ed enti impegnati nell’immigrazione.

 

 

ALTRE RECENSIONI

 

PROMISEDLAND è il titolo della mostra fotografica che sarà in esposizione sabato 20 marzo presso La Placa Academy (via Val Trompia, Roma – ingresso libero). Il fotografo Giovanni Izzo è nato a Grazzanise, in provincia di Caserta, nel 1953. Diplomato all’Accademia di Belle Arti di Napoli, si dedica da trentacinque anni alla fotografia commerciale ed alla fotografia di ricerca in ambito architettonico, archeologico e nel sociale. Per la sua totale immersione nel mondo della fotografia è stato determinante l’incontro con Mimmo Jodice, di cui è stato allievo.
Gli scatti di questa mostra sono stati raccolti in un book commissionato dall’Assessorato all’Immigrazione della Regione Campania e sono stati presentati in anteprima alla VII Conferenza Regionale dell’Immigrazione, lo scorso febbraio. In quegli scatti, Izzo ha dato rilevanza ai volti di Castelvolturno: nigeriani, ghanesi, burkinabé, volti troppo spesso oscurati dal linguaggio comune e presentati come clandestini, extracomunitari, immigrati.
Dalla Prefazione a PROMISEDLAND:
Guardare i volti, per trasformare lo sfondo


Prof.ssa Alfonsina De Felice
Ex Assessore all’Immigrazione e alle Politiche Sociali Regione Campania


Un ragazzo mostra il suo giaccone nuovo e, con un sorriso sornione, emula un gesto da rapper americano. Una ragazza, con le buste della spesa, non si sottrae all’obbiettivo del fotografo ma dà l’idea di essere molto impegnata. E ci sono tanti altri scatti di persone e situazioni comuni: posano per un ritratto che dia eccezionalità a quel loro essere comuni.
Non siamo ai provini per l’ennesimo reality. Questa è la realtà. Ma se diciamo, per esempio, che quel ragazzo si chiama Gebra e quella ragazza Aminah sembra che l’immagine che stiamo descrivendo cambi. Diventa quasi una realtà lontana da noi.
Chi sono Gebra, Aminah e gli altri? E perché sono in posa davanti alla macchina fotografica?
Sono ragazzi che dalla Nigeria, dal Congo, dal Burkina Faso, attraversano il Sahara e, dopo un mare di sabbia, recuperano qualche migliaio di dollari e attraversano un altro mare. Il Mediterraneo è l’ultimo ostacolo fisico che li separa dalla loro America.
Una volta in Italia mostrano la scritta sulla mano: «Castelvolturno», l’avranno dettata al telefono quelli che stanno già dall’altra parte del mare. Non Napoli, né Roma, ma Castelvolturno perché lì vivono già parenti, amici o comunque connazionali che possono dare una mano a trovare casa e lavoro. Il sogno americano di queste persone, spesso giovani, è di trovare qui un letto, un pasto al giorno, un lavoro dignitoso. E la prima cosa che colpisce, in questa raccolta di volti e personalità differenti, è la dignità che tutti coloro che hanno posato davanti alla macchina fotografica hanno voluto esprimere.
Sono in tanti ad avere questo sogno di dignità, e molti vivono a Castelvolturno o vi fanno base nei loro spostamenti italiani, a seconda delle colture stagionali, a seconda della domanda di lavoro al nord. Ma quando tutto manca ritornano lì, perché oltre ai connazionali ci sono i centri di accoglienza, le mense, un misto di tolleranza e sopportazione. C’è tuttora gente che sorride loro quando li incontra. Ma c’è anche chi non sorride, chi li conta e chi pensa che siano troppi: e di problemi il litorale domitio ne ha già tanti: lavoro nero e caporalato, prostituzione, traffico di stupefacenti e tratta di esseri umani, occupazioni abusive di stabili e, dietro tutto questo, la malavita locale. Con questi problemi, in quello scenario, la dignità si rischia di perderla del tutto: “loro”, e “noi”.
Ma nelle foto di Izzo tutto ciò non si vede, neanche si intuisce. Ci sono solo persone su un fondo bianco. Non è il contrasto del colore della pelle o la differente postura a connotare gli scatti. Anzi, quel bianco di fondo rimuove del tutto lo sfondo, lo annulla, lo rende non indispensabile.
L’occhio umano, nell’analisi del mondo che lo circonda, è abituato ad eseguire un movimento che viene definito ‘movimento figura-sfondo’. Lo conoscono bene appunto i fotografi: se si mette a fuoco la figura si perde di vista lo sfondo, il contesto; se si allarga per ricomprendere lo sfondo, inevitabilmente la figura, il soggetto, sfuma fino a diventare parte del tutto.
Negli scatti di Izzo i soggetti non si perdono in uno sfondo, e l’osservatore non si impegna a cercare quei riferimenti ambientali che gli lasciano intuire chi sono costoro, dove sono o da dove vengono. Non li definisce, non li classifica prima ancora di guardarli.
E senza riferimenti, l’osservatore deve soffermarsi di più sui soggetti delle foto; deve analizzarli e finisce quindi per cogliere cose che sfuggono sempre ad uno sguardo superficiale.
E infatti, non è il colore della pelle a colpire, ma gli sguardi, i sorrisi, i tratti del volto, le acconciature e perfino alcuni vezzi espressivi. “Gebra col suo cappotto sembra quel mio amico vanitoso che dedica il sabato pomeriggio allo shopping, solo che non ha lo stesso sguardo stressato. E Aminah fa la spesa come me, ma ha un’espressione più sfacciata, come di sfida” – è portato a pensare l’osservatore di questo book fotografico…
Alla fine, in quegli scatti, si coglie l’umanità che ci accomuna ma, a guardar bene, si scopre anche quella che, nascosta dietro alla macchina fotografica, è pur sempre la realtà. La complessa realtà del laboratorio di Castelvolturno.
Un laboratorio perché le migrazioni portano con sé non solo uomini con il loro carico di miseria, ma persone coi loro sogni, le loro culture. E queste necessariamente finiscono per contaminare quel territorio, per cambiarlo e, spesso, arrivano anche ad esagerarne i connotati e a forzarne le contraddizioni.
Quando un anno fa le comunità immigrate scesero in piazza dopo l’omicidio di sei ghanesi a Castelvolturno, esse rappresentavano comuni cittadini. Magari senza titolo giuridico per essere dichiarati tali, ma cittadini che chiedevano ad altri cittadini, non di essere tollerati o rispettati, ma protetti e garantiti dal diritto di fronte alla violenza e all’arbitrio.
Una richiesta di sicurezza sociale: una casa, un lavoro, la scuola e la protezione dalla sopraffazione. Le esigenze dei cittadini immigrati coinvolgono direttamente i nostri modelli sociali e di welfare, a tal punto da dover mettere al centro un imponente lavoro di integrazione.
È forse questa la maggiore sfida, che non solo Castelvolturno, ma l’intero Paese ha davanti. L’integrazione dei cittadini immigrati è la seconda grande trasformazione della nostra società, dopo che negli anni ‘50 e ‘60 l’industrializzazione ha rivoluzionato il nostro modo di essere, gettando le fondamenta del nostro attuale modo di vivere.
Una seconda trasformazione che sta già dettando nuovi rapporti sociali, nuove modalità di apprendimento, relazionalità, condivisione. Nuove sensibilità.
[...]
Per concludere, il bel lavoro di Izzo è un prezioso invito a guardare in volto le persone, ad osservarle con curiosità e rispetto, a superare diffidenze e paure verso categorie di alterità troppo spesso astratte, che rischiano di sfociare in episodi di intolleranza, chiusura e razzismo. Ma naturalmente, sappiamo bene che questo non basta. Dobbiamo impegnarci tutti, ognuno per la propria parte, a ridisegnare uno sfondo nuovo a questi ritratti. Non per perdere i soggetti in uno sguardo più ampio, ma per arricchire il quadro d’insieme: una nuova idea di società.

NOTE SULL'AUTORE

Presentazione libro PROMISED LAND e Mostra Fotografica di Giovanni Izzo, nato a Grazzanise, in provincia di Caserta, nel 1953. Diplomato all’Accademia di Belle Arti di Napoli, si dedica da trentacinque anni alla fotografia commerciale ed alla fotografia di ricerca in ambito architettonico, archeologico e nel sociale. Sviluppa ricerche fotografiche per enti pubblici e istituzioni private alle quali affianca un personale itinerario creativo. Per la sua totale immersione nel mondo della fotografia è stato determinante l’incontro con Mimmo Jodice, di cui è stato allievo e del quale ha seguito l’insegnamento ben oltre la durata del corso. Per questa particolare esperienza e per altri approfondimenti e percorsi artistici e professionali, ha meritato l’approdo alla Biennale di Venezia nel 1978. Si è affermato di recente al Kodak European Gold Award che ha giudicato le sue immagini standard di eccellenza per il ritratto artistico e creativo. Ha ottenuto importanti riconoscimenti su fondamentali riviste italiane e internazionali di architettura e di fotografia: “Fotografo professionista”, “Progresso fotografico”, “Photo”, “Photographies”, “Dove”, “Posh”. Peppe Alario ha scritto che “Izzo nel lavoro insegue un paradosso: spingere la fotografia, come atto costitutivo, oltre i limiti del mostrare e del raccontare”. Tra le ricerche di rilievo,il sito paleocristiano di Cimitile Tra le mostre più importanti sono da segnalare "Percorsi di Luce"nel Complesso Basilicare di Cimitile in occasione del undicesimo"Premio Cimatile"ediz.2006, la stessa poi estesa al“Maggio dei Monumenti”nella Cappella del Tesoro di S.Gennaro di Napoli.Faires in the net, lavoro commissionato dal prof Enzo Elefante docente di pittura all'Accademia di Belle Arti di Napoli,diventato questo lavoro,una mostra itinerante,tra gallerie e musei,una di questa opere fa farte della collezione privata del Museo Civico di MaddaloniSi è affermato di recente al Kodak European Gold Award che ha giudicato le sue immagini in linea con lo standard di eccellenza per il ritratto artistico e creativo, e si è classificato secondo al premio nazionale tematico sul ritratto promosso da Digital Workshop. La sua è una ricerca pura sull’essenza dell’arte e scienza fotografiche. Peppe Alario ha scritto che "Izzo nel lavoro insegue un paradosso: spingere la fotografia, come atto costitutivo, oltre i limiti del mostrare e del raccontare". Izzo rientra inoltre rientra “tra quei fotografi che hanno contribuito a dare un’entità altamente professionale e creativa alla fotografia di matrimonio” come ha sottolineato il critico Luca Pianigiani; ma è anche "l’artista che trasforma la banalità rituale delle pose in immagini uniche, rese tali da quei toni caldi e sfumati, così particolari, e la inquadratura fuorviante" ha scritto Fiorenzo Marino. Delle fotografie di matrimonio di Giovanni Izzo, Chiara Coronelli (Photo) invece afferma che "il ricordo delle nozze non si ferma alle solite inquadrature di rito: il suo è uno sguardo un po' di sbiego, insofferente dell'ufficialità della cerimonia.......Tutto in un decor che sembra preso in prestito dal set di un film neorealistico". Altre sue immagini sono in esposizione permanente nel Palazzo dei Vescovi di Casertavecchia.