MEMORIA DI UN IMPEGNO

 

IL SALUTO DI DON GIOVANNI DE ROBERTIS

DIRETTORE GENERALE DELLA MIGRANTES

 

A conclusione del mio servizio nella Fondazione Migrantes (2017-22)

Nel nome del Padre, e del Figlio e dello Spirito Santo, amen.

Carissimo/a,

è ormai prossimo il termine del mio servizio come direttore generale della FM – il nuovo direttore sarà scelto a fine maggio dal Consiglio Permanente – e sento il bisogno di ringraziare anzitutto il Signore, e poi ciascuno di voi per l’aiuto ricevuto. E insieme di lasciare traccia del cammino fatto in questi cinque anni, un cammino che ha voluto inserirsi nel solco tracciato da coloro che hanno fatto la storia della Migrantes, con fedeltà e creatività, in un tempo di così grandi cambiamenti, o meglio in un cambiamento d’epoca come ripete spesso Papa Francesco.

Ringrazio il Signore perché, nonostante i miei limiti – non ero attrezzato per questo incarico, sono un semplice prete, e la Migrantes a Bari è una realtà “artigianale” – mi ha dato forza e fantasia per portare avanti con semplicità il mio compito e soprattutto per rimanere me stesso.

Quanti momenti indimenticabili in questi anni!

·         Anzitutto il mio primo incontro con Papa Francesco nel settembre 2017 insieme agli altri direttori europei, e le sue parole dirette a me personalmente quando mi sono presentato come il nuovo direttore della FM: “Bene. Avanti, muoviti!”, parole che mi hanno accompagnato e sostenuto nei momenti difficili in tutti questi anni.

·         Il meeting delle realtà di accoglienza a Sacrofano del febbraio 2019, con oltre 500 partecipanti, di cui un centinaio giovani stranieri accolti. Un meeting pensato insieme alla Caritas e al Centro Astalli, che si proponeva di dare coraggio a tante realtà – famiglie, comunità, singoli, parrocchie – che nonostante il clima ostile, avevano scelto, dopo l’appello di papa Francesco del settembre 2015, senza finanziamenti di alcun tipo, di vivere l’accoglienza. Infatti, come ho sentito ripetere spesso dai missionari, un cristiano solo è un cristiano in pericolo. L’isolamento rende fragili. E poi occorreva che la Chiesa italiana fosse sentita come la propria casa da tutti coloro che avevano preso un rischio sulla parola del Vangelo e del Papa. “Ero forestiero, e mi avete accolto”. Avevo scelto come icona biblica l’episodio della tempesta sul lago e l’invito di Gesù a Pietro a non temere di scendere dalla barca e camminare sulle acque. Una pagina che mi è sembrato di rivivere più che di riascoltare. Nella sensazione di affondare quando poche settimane prima dell’evento mi sono accorto che non c’erano quasi iscrizioni, e in quella di una grande pace e consolazione quando Papa Francesco è venuto per celebrare l’Eucaristia e poi per tutti i due giorni del meeting. Non un evento fine a se stesso, ma l’indicazione di un cammino possibile per superare le paure che ci paralizzano e spesso ci rendono cattivi. Purtroppo non è stato compreso se non da chi l’ha vissuto, e poche Diocesi lo hanno rilanciato, come avevamo auspicato.

·         Il convegno nazionale di Seveso dell’aprile 2019 che con un’immagine cara ai Padri – la tunica di Gesù – simbolo della Chiesa, che essi descrivono circumdata varietate, cioè tessuta da fili di diversi colori, ha voluto rilanciare il Sinodo minore della Diocesi di Milano sulla Chiesa dalle genti. Qui troviamo l’intuizione che ci ha guidato in questi anni e che, a mio avviso, resta il primo compito dei nostri uffici Migrantes: aiutare le nostre Chiese locali ad inculturarsi in una società sempre più cosmopolita, a non avere paura delle differenze ma anche a non lasciare che esse restino semplicemente giustapposte, a fare in modo che finalmente chi viene da altri paesi non sia più soltanto il destinatario di un pacco, ma “concittadino dei santi e familiare di Dio”, partecipe a pieno titolo della vita religiosa e civile nel nostro paese.

·         Il 19 maggio 2019 ho vissuto una delle giornate più belle della mia vita. Sono andato insieme a 500 Rom in Vaticano per una udienza privata con Papa Francesco. Ci hanno accolti come dei principi nella sala Regia, e al termine il Papa ha voluto salutare uno a uno i partecipanti, mentre qualcuno in fondo alla sala improvvisava canti con una chitarra. Il Cardinal Bassetti, che era accanto al Papa, mi ha detto di essere rimasto colpito dalla spiritualità di queste persone che o chiedevano preghiere o assicuravano la loro al Papa. Questa iniziativa mirava proprio a mettere in luce il bello di questo popolo, così spesso disprezzato, la sua capacità di pregare e di fare festa, nella convinzione che la questione sociale, e anche quella del popolo Rom, è anzitutto una questione di onore.

·         Dal 9 al 12 novembre 2021 si è celebrato a Roma il convegno delle MCI dal titolo: “Gli italiani in Europa e la missione cristiana”. Nonostante la pandemia non ancora del tutto superata, c’è stata una buona partecipazione (circa 160 persone fra preti e laici) e soprattutto un clima intenso di preghiera, di riflessione e di fraternità. L’obiettivo era duplice: richiamare l’attenzione del paese e della Chiesa italiana sulla realtà dei nostri emigrati – una realtà sempre più consistente ma dimenticata - e provare a ridisegnare il volto di queste MCI in un contesto profondamente diverso da quello del secolo scorso in cui sono nate. Il momento più emozionante, come era prevedibile, è stato l’incontro con Papa Francesco. Anche in questo caso però non si è trattato di un “evento” celebrativo, ma dell’avvio di un processo di rinnovamento delle MCI che chiede di essere continuato.

Sono molti altri, nonostante la pandemia, i momenti vissuti insieme che porto nel cuore e che sarebbe troppo lungo ricordare in questo saluto:

-          gli incontri di Frascati con gli amici dei Rom che abbiamo iniziato nel marzo 2018 e 2019 e poi continuato nel settembre 2020 e 2021

-          i corsi con i nuovi direttori, cappellani e collaboratori di inizio estate, occasione non solo per presentare il lavoro della F.M. nei suoi diversi aspetti, ma per conoscerci e condividere la nostra fede, speranze e delusioni, e stringere nuove amicizie. Tante le condivisioni che ricordo con commozione, come quella sorprendente di un sacerdote ligure che al termine del corso ha detto: “è accaduta una cosa che non credevo più possibile. Ho ritrovato un po’ di fiducia nella Chiesa cattolica”  

-          I corsi di Alta formazione, molto partecipati, realizzati insieme al SIMI in Piemonte nell’Agosto 2020 e a Loreto nell’Agosto 2021

-          I soggiorni in Puglia (febbraio 2020) e in Toscana (luglio 2021) con i coordinatori nazionali delle comunità linguistiche - figure chiave per una pastorale migratoria in Italia.

-          I corsi con gli operatori dello spettacolo viaggiante, realizzati ad Ostia nel novembre 2019 e a Padova nel novembre 2021.

Ma soprattutto mi porto nel cuore i tanti incontri personali che ho avuto con voi. Per me incontrare, andare, ascoltare, in questi anni è stato fondamentale, per cercare di capire, per lasciarmi cambiare. 

Con i Rom e i Sinti di Piemonte e Lombardia nel mio primo (e unico) pellegrinaggio a Forno di Coazze. Qui ho avuto una delle più grandi soddisfazioni, che per me vale più di un dottorato alla Gregoriana. Al termine una donna mi ha detto: “Tu puoi essere uno di noi … il colore ce l’hai, e poi si capisce quando parli!”

I racconti dei nostri emigrati: di quelli anziani che dopo una vita di sacrifici in miniera o sul cantiere, ora possono guardare con serenità la loro vecchiaia, la condizione raggiunta dai loro figli; e di quelli più giovani, spesso arrabbiati perché si sono sentiti respinti e costretti a lasciare quell’Italia che pure amano.

I racconti dei profughi, quelli portati dalle Nazioni Unite in Niger dai campi di detenzione libici e quelli di coloro che attraverso il Marocco cercano di arrivare in Spagna. Racconti terribili che ci ricordano la profonda ingiustizia che segna questo nostro mondo, dove a molti non è garantito né il diritto di restare nel proprio paese né quello di partire, perchè devono farlo affidandosi a trafficanti senza scrupoli.

Come dimenticare gli incontri avuti a Castel Volturno o alle reggiane, nel pontino o al gran ghetto di Rignano?

E poi dovrei qui ricordare i progetti che abbiamo potuto sostenere grazie all’8X1000 (alcuni veramente bellissimi e commoventi!), e le presentazioni dei nostri Rapporti, momenti sempre intensissimi, e delle altre pubblicazioni, le audizioni in Parlamento, e tanti altri momenti.

Ma è ora che concluda questo mia confessio laudis ringraziando ciascuno di voi, a cominciare dal nostro presidente – prima don Guerino e ora don Gian Carlo – e da coloro che lavorano qui a Roma nella FM. Grazie dell’aiuto e dell’amicizia che mi avete mostrato, non avrei potuto fare nulla senza di voi. Veramente, come ho ripetuto tante volte, la Migrantes non è un ufficio, ma anzitutto una rete di amicizie in Cristo e una condivisione di ideali, che sono sicuro resteranno anche al termine di questo mio mandato.

Alla confessio laudis dovrebbe seguire, come ha insegnato il Cardinal Martini spiegando il sacramento della Riconciliazione, la confessio vitae, cioè la richiesta di perdono per ciò che ci dispiace, che in questi anni non avrei voluto aver fatto.  In effetti non tutto è andato bene. Avrei potuto e dovuto fare molto di più e meglio. Con più coraggio.  Soprattutto ho il rammarico di non essere stato capace di dare un contributo a quel cammino di rinnovamento della nostra Chiesa italiana, che tutti desideriamo, perché possa presentarsi al Suo Sposo senza macchia né ruga , quelle macchie che ne oscurano il volto e da cui tanto spesso Papa Francesco ci mette in guardia: la mondanità, il clericalismo, il funzionalismo, cioè il diventare dei funzionari del sacro.

Sono consapevole che lascio una realtà problematica. La FM mi appare un antico edificio, dove sono riconoscibili i segni della sua nobiltà e santità, ma che esige una profonda ristrutturazione, così come d’altronde tutta la Chiesa in questo tempo. È ciò a cui ci hanno chiamato Papa Francesco e la Chiesa italiana avviando il Cammino sinodale e chiedendo di metterci tutti in ascolto dello Spirito. Allora non mi resta che augurare BUONA STRADA a ciascuno e a ciascuna di voi e a quello che sarà il nuovo Direttore Generale. Io continuerò ad accompagnarvi con la preghiera e l’amicizia,

don Gianni De Robertis

P.S. per coloro che volessero scrivermi o contattarmi, ricordo che fra qualche settimana sarà chiuso il mio indirizzo mail. Il nuovo è dongianniderobertis@gmail.com

 

Il mio numero di telefono invece resta lo stesso