9/6/2008 (7:15) - INTERVISTA A BAGNASCO
"Niente sicurezza senza
rispetto degli immigrati"
Parla il capo dei vescovi italiani: «Ci vuole accoglienza. E' la risposta alla sfida della multiculturalità»
GIACOMO GALEAZZI
CITTA' DEL VATICANO
Non si può contrapporre l’esigenza di sicurezza al rispetto dei diritti degli immigrati», mette in guardia il presidente della Cei. Il cardinale Angelo Bagnasco fissa le priorità per la Chiesa italiana, che «difende la vita, la famiglia e la libertà dei genitori di scegliere quale istruzione dare ai figli». Inoltre il leader dei vescovi respinge l’accusa di ingerenza ecclesiastica nella vita politica: «La nostra missione non attenta a nessuna laicità». E anzi avverte: «In Italia si mettono in crisi questi valori fondamentali e il tessuto sociale si sfalda». La Chiesa italiana, da parte sua, bada «alla sostanza delle cose, ai principi e ai valori che derivano dalla fede», proponendo nella sfera privata e in quella pubblica un cristianesimo autentico e fortemente legato al messaggio evangelico attraverso la liturgia, la preghiera, l’impegno solidaristico nella società.

«Tagliando» alla 194, scuola cattolica, quoziente familiare. Cosa si aspetta la Chiesa dal governo Berlusconi e da questa legislatura?
«La difesa e la promozione della vita umana, la libertà educativa e il valore ineguagliabile della famiglia. Sono valori non di oggi, ma che fanno parte della tradizione cristiana e della nostra cultura. Sono per altro valori auspicabili in qualunque contesto politico e legislativo ».

Sull’immigrazione la Cei ha indicato la strada dell’equilibrio fra giusta esigenza di sicurezza nei Paesi di immigrazione e rispetto dei diritti delle persone. Qual è la valutazione sul pacchetto di misure del governo?
«In questo medesimo orizzonte la comunità cristiana si pone come un punto di riferimento per l’accoglienza, anche di coloro che provenendo da altri paesi sono alla ricerca di una vita più dignitosa nel rispetto della legalità. L’impegno non si allenta, ma semmai evolve tenendo conto che in una società che cambia il Vangelo non muta, come ha detto Benedetto XVI».

La Chiesa italiana è stata accusata di ingerenza, seconde lei la fede deve entrare nella sfera pubblica?
«A livello mondiale sempre più viene riconosciuto ed apprezzato il valore e il ruolo della religione nella costruzione dell’edificio umano, superando il sospetto di ingerenza. La gente sa per esperienza diretta che l’unico scopo della Chiesa, anche nel nostro Paese, è quello di proporre i valori fondamentali della dignità umana che trovano nel Vangelo di Cristo l’annuncio e il fondamento. E nel contempo sono chiari anche alla luce della pura ragione. Questa missione della Chiesa non attenta a nessuna laicità, ma è un servizio alla stessa laicità. Valutazioni diverse mi sembrano francamente solo dei pregiudizi».

Che fase viviamo del rapporto fra Chiesa e società?
«La Chiesa in Italia continua la sua vocazione di vicinanza alla gente. Le porte delle nostre parrocchie sono aperte a tutti. E tutti coloro che bussano trovano una qualche risposta ai loro problemi, in spirito di amore e di servizio evangelico. Ritengo che sia questa la prima risposta concreta delle comunità cristiane alla sfida della multiculturalità e dell’immigrazione ».

Quale le sembra la temperatura morale dell’Italia?
«Ho l’impressione che il nostro popolo desideri in modo sempre più intenso e concreto un riscatto morale verso il proprio futuro, nella consapevolezza sempre più diffusa che senza un quadro di valori veri e certi, è impossibile costruire una società veramente umana».

Lei, già prima di assumere un anno fa la guida della Cei, ha invitato i cattolici a svegliarsi e battersi per difendere la famiglia, la loro cultura e i loro valori. Vede passi avanti?
«Vorrei ricordare l’evento del Family Day con più di un milione di persone in piazza San Giovanni che hanno espresso con gioia la bellezza e l’importanza della famiglia».

C’è qualche altro Stato che vara leggi in maniera più sensibile ai valori della cultura cattolica? O questa è una prerogativa italiana e dei rapporti fra l’Italia e il Vaticano?
«Contrariamente a quanto comunemente si pensa, esistono situazioni anche lontane da noi che rivelano scenari insospettabili. In base ad un recente serie di reports ad esempio risulta che a livello europeo l’insegnamento della religione è la regola e non l’eccezione. Esclusi tre Paesi tutti gli altri, con modalità diverse, presentano questa possibilità all’interno del ciclo formativo. Così come il sostegno dello Stato alle scuole pubbliche non statali esiste già in diversi Paesi, tra cui la Francia».

Lei ha indicato i rischi di disgregazione sociale in Italia. A cosa si riferisce?
«Quando si mettono in crisi sistematicamente i valori fondamentali che riguardano la vita, la famiglia, la persona come relazione, la libertà nel suo rapporto con la verità e ogni scelta diventa eticamente equivalente, il tessuto sociale si sfalda inevitabilmente ».

Quali rischi teme in Italia dalla cultura del relativismo morale?
«I rischi sono quelli che lei stesso paventava e cioè la strisciante frammentazione del Paese, che rende tutti più insicuri e insieme più aggressivi. Per la Cei gli "Orientamenti pastorali" del decennio riguardano la sfida dell’evangelizzazione. Il Convegno ecclesiale di Verona che ha rilanciato questo tema è stato pure un momento importante di ascolto, di confronto, di dialogo e di proposta. Non c’è quindi nessuna volontà di ripiegamento, ma al contrario, fedele al Vangelo, la Chiesa continuerà la sua opera di evangelizzazione, incarnandola nella società odierna».

Adesso che il problema del lavoro è diventato centrale, come intende far sentire la sua voce la Chiesa italiana?
«La Chiesa italiana, vivendo accanto alle persone, da tempo, fa sentire la sua voce. I pastori continueranno, come è loro dovere, a dare voce ai problemi reali. La presenza delle parrocchie, delle aggregazioni laicali, di innumerevoli iniziative di carità, costituiscono anche oggi una fittissima trama di relazioni davanti agli occhi di tutti».